Femminicidio a Verona

Una relazione "clandestina" nata su Facebook, poi la tragedia.

Femminicidio a Verona
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Femminicidio a Verona. Una relazione "clandestina" nata su Facebook, poi la tragedia.

La macabra scoperta

Si chiamava Fernanda Paoletti, vedova  77 anni e una bella donna. La sera di lunedì 4 giugno, intorno alle 20, è stata trovata nel suo appartamento in via Unità d'Italia al civico 32, riversa a terra, con una corda legata intorno al collo da un'estremità e a un termosifone dall'altra.

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corda usata per l'omicidio

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corda usata per l'omicidio

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dettaglio corda

Le ipotesi degli investigatori

Sono partite immediatamente le indagini condotte dalla Squadra Mobile scaligera e coordinate dal sostituto procuratore Beatrice Zanotti della Procura di Verona.

Scartata l'ipotesi del suicidio

Scartata la possibilità che si trattasse di un omicidio, primo perché non era possibile che Fernanda potesse soffocarsi in quel modo, il secondo elemento che ha scartato l'idea è stato che la vittima aveva una piccola menomazione agli arti superiori e poi, non meno importante, la donna aveva una personalità solare, piena di vita e con la voglia di aiutare il prossimo; per esempio andava ad assistere un parente con disabilità.

Scartata la rapina

Da subito è stata scartata l'ipotesi di rapina perché l'appartamento era in ordine e, oltre al telefono e alla borsa, non sono risultati "ammanchi" in casa.

Luci puntate sugli affetti

Indagando nella vita della donna, un'amica di Fernanda ha raccontato agli agenti una verità che nessuno, nemmeno i figli della donna conoscevano: aveva una relazione da ritenersi clandestina con un uomo da circa un anno. Pietro Di Salvo, originario di Palermo, di 72 anni e con moglie e due figli, abitava poco distante da Fernanda. Si conobbero su Facebbok, dove ancora, tra l'altro, compaiono ancora i complimenti di lui rivolti alle foto di lei. Un dettaglio importantissimo rivelato dall'amica era che gli amanti s'incontravano tutti i lunedì.

Scattano le indagini sull'uomo

Raccolti gli elementi, gli agenti si sono recati immediatamente in via Zagata alla ricerca dell'uomo, Pietro, sospettato di essere coinvolte con quella morte che nulla aveva a che  fare con il suicidio. Il figlio dell'uomo ha comunicato che il padre era stato ricoverato la stessa mattina in ospedale a Verona a causa di un malore. Gli agenti hanno provveduto ad andare in ospedale per cercare tracce di Dna riscontrabili con quelle sulla corda legata al collo di Fernanda e per un interrogatorio a Pietro.

L'interrogatorio all'amante

Pietro è ascoltato venerdì 8 giugno alla presenza del suo avvocato. L'uomo ha fornito un'ampia confessione, "aggiustata" poi perché alcuni elementi sono risultati contraddittori. L'ultimo incontro ufficiale, stando alle dichiarazioni di Pietro, si è tenuto a fine maggio, poi quello del 4 giugno era stato un incontro perché la vittima, Fernanda, voleva che la relazione potesse divenire ufficiale ed essere mostrata alla luce del sole. Pietro non ha assecondato il desiderio dell'amante e lei ha iniziato a insultarlo, minacciando di raccontare tutto alla moglie.

La corda

Da subito Pietro ha affermato di aver preso la corda dal tavolo e averla accinta intorno al collo della vittima. Bocciata questa versione perché un pezzo della stessa corda era stato trovato in auto. Poi l'uomo ha affermato che la donna usasse quella corda, acquistata da lui, ma della quale ne avevano un pezzo a testa, per stendere i vestiti bagnati e per una tenere aperta una porta. Bocciata anche questa, perché la donna che puliva la casa della signora ha raccontato non essere un oggetto utilizzato in casa. Ecco che i giudici si sono mossi verso la premeditazione del delitto con questo elemento.

Il cellulare e la borsa

L'omicida ha indicato agli agenti dove rinvenire gli oggetti personali della vittima che lui aveva nascosto per depistare le indagini: il telefono nella tasca della portiera della sua auto, la borsa nel mobile del garage dell'appartamento della figlia che si trova all'estero.

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mobile dove è stata ritrovata la borsa della vittima

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il bagagliaio dell'auto di Di Salvo

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il cellulare di Paoletti

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l'auto di Di Salvo dove è stato nascosto il cellulare di Paoletti

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la borsa della vittima

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dettaglio corda

L'ipotesi del Giudice

Da tutti gli elementi il giudice ha affermato: "Per noi quel giorno Di Salvo si è presentato all'appuntamento per uccidere Paoletti". E in questo, infatti, l'uomo è risultato lucido e non mosso da impeto.

L'omicida

Al momento l'uomo rimane piantonato nel reparto di chirurgia all'ospedale di Borgo Trento in attesa di un intervento chirurgico.

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