Romano Tedeschi è morto, Povegliano piange un simbolo

Si è spento a 91 anni. Lo avevamo intervistato lo scorso 8 dicembre: ecco le sue parole.

Romano Tedeschi è morto, Povegliano piange un simbolo
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Romano Tedeschi è morto, Povegliano piange un simbolo. Si è spento a 91 anni. Lo avevamo intervistato lo scorso 8 dicembre: ecco le sue parole.

Romano Tedeschi è morto, Povegliano piange un simbolo

Povegliano perde un altro pezzo della sua memoria storica. Ieri si è spento Romano Tedeschi, 91 anni. Proprio lo scorso 8 dicembre lo avevamo intervistato per farci raccontare di quando si occupava di proiettare i film al cinema di Povegliano, e su indicazione della commissione istituita dal parroco doveva censurare i baci troppo focosi. Ecco le sue parole nell'intervista di Fabrizio Sambugar.

Romano e i baci censurati come al Cinema Paradiso

Per certi aspetti la storia del cinema Tartaro di Povegliano e del suo ultimo proiezionista, Romano Tedeschi, ricorda quella del famoso film di Tornatore «Nuovo cinema Paradiso». C’è il cinema di paese, creato dall’allora parroco Monsignor Bonfante. E c’è il giovane Romano, che segue lo zio Silvano in cabina di proiezione per imparare il mestiere, compreso il taglia e cuci da fare alla pellicola per venire incontro ai severi costumi dell’epoca.

Proiezionista anche durante il militare

A 91 anni appena compiuti, Romano ricorda bene la giovinezza divisa tra due lavori, muratore di giorno e di sera nel cinema dietro la chiesa: «Da giovane lo zio mi portava con lui quando era impegnato nelle proiezioni. Ho imparato bene, tanto che durante il servizio militare negli alpini a Merano lo facevo anche in caserma». Dopo la leva Romano è a Savona, con un altro zio che ha attività alberghiera: muratore per la sistemazione degli hotel del parente e aiuto cuoco alle mense che accolgono gli sfollati dell’alluvione del Polesine alloggiati lì. Torna quindi in paese e oltre al consueto lavoro nell’edilizia diventa finalmente operatore del «Tartaro», acquisendo il patentino a Verona.

La commissione del parroco

Comincia una routine settimanale precisa: una commissione di 5 persone, scelta dal parroco, decide quale lungometraggio trasmettere e contratta l’accordo con la distribuzione. Le «pizze» (ovvero le bobine col nastro) arrivano in ...autobus. L’autista del bus di linea dell’epoca, poveglianese, le ritira a Verona o Villafranca e le porta alla fermata in via Roma il mercoledì, dove ad attenderlo c’è un incaricato. A quel punto la sera stessa Romano allestisce solo per la commissione una proiezione: «Vedevano il film in anteprima - ricorda - e uno di loro a turno aveva in mano un pulsante collegato ad un campanello vicino a me. Quando c’erano scene non ritenute appropriate, suonavano il campanello e io lanciavo veloce un pezzo di carta in bobina. Era il mio segno per individuare le scene da tagliare: non era facile perché bisognava contare bene i fotogrammi e fare in modo che il taglio non si vedesse troppo. Venivano censurati soprattutto i baci e i balli troppo passionali».

La "fine" del Tartaro

Si proietta il giovedì, il sabato, la domenica ed il lunedì: in inverno al chiuso e d’estate all’aperto. Finite le proiezioni Romano deve riprendere di nuovo il nastro di celluloide e ri-attaccare le scene censurate, per restituire il film integro. Il «Tartaro» chiude all’inizio degli anni ‘60: il nostro protagonista però, a differenza di quello di Nuovo Cinema Paradiso, è rimasto con l’amore della sua vita. Dopo il lavoro in cabina ogni sera Romano andava a casa di Lina Zanotto, vicino al cinematografo, per lavarsi le mani. E oggi, dopo oltre 60 anni di matrimonio, 3 figli e numerosi nipoti, Romano e Lina vivono ancora insieme felici, come negli «happy ending» di ogni buon film che si rispetti.

 

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